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Picco del petrolio nel 2030: le conseguenze

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Uno studio di CMS prevede che il picco del petrolio arriverà nel 2030 visto il ritmo e il volume di investimenti nelle energie rinnovabili da parte delle Big Oil. Lo studio ha analizzato le attività complesse di aziende come BP, Shell, Total, Eni, Repsol, Equinor, Exxon, Chevron, CNPC, Petrobras e Saudi Aramco, concentrandosi su chi il petrolio lo estrae e lo usa per ottenere profitti.

Emerge come le 15 Big Oil nel 2020 hanno incrementato gli investimenti in rinnovabili del 34% nonostante un calo del 6% della domanda di energia globale a causa della pandemia. Se questo ritmo si mantiene costante il picco di petrolio si verificherà nel 2030.

I piani di investimento verso l’obiettivo net-zero si sono moltiplicati, anche se si tratta di piani con orizzonte al 2050 e poche azioni immediate fatta eccezione per l’assorbimento di CO2 con iniziative di riforestazione e altre nature-based-solutions. Non vi è, quindi, a breve termine la previsione di ridurre i volumi di idrocarburi prodotti.

Le conseguenze del picco di petrolio

Il picco di petrolio del 2030 ha portato ad un aumento degli investimenti in rinnovabili, che sono stati i più resistenti anche alla crisi portata dalla pandemia di COVID-19. Nel 2020 le major di petrolio e gas hanno investito 7,2 miliardi di euro rispetto ai 6,6 miliardi del 2019 e la spesa in transizione energetica è salita a quota 3,6% nel 2020.

Secondo l’analisi, tali investimenti si sono dimostrati 10 volte più resistenti ai tagli alla spesa rispetto a petrolio e gas. Il picco del petrolio per il 2030 previsto da CMS porterà ad uno scenario che vedrà il calo della domanda e a un’ampia offerta di petrolio e gas con meno costi marginali. Questo si traduce in cessioni di attività e svalutazioni di bilancio.

Anche la politica europea va in questa direzione e l’Unione europea ha approvato una legge fondamentale sul clima, che impone una riduzione delle emissioni di gas serra a zero entro il 2050 e un taglio del 55% entro il 2030.

Il raggiungimento dell’obiettivo climatico aggiornato dell’UE “si tradurrebbe in un nuovo mix energetico più ecologico”, con una riduzione del consumo di petrolio e gas “rispettivamente di oltre il 30% e il 25%” entro il 2030 rispetto al 2015, ha affermato la Commissione Europea.

Il Green Deal basato su idrocarburi ed energia rinnovabile

Si tratta di arrivare al 2030 al 30% di quota Fer (Fonti rinnovabili) nei consumi finali lordi di energia (32% la quota Ue), con un target di efficienza energetica del 43% (contro il 32,5% Ue) e una riduzione delle emissioni effetto serra del 33% (anziché 30%). Ma per arrivarci, il Pniec prevede 40 MegaWatt aggiuntivi di capacità rinnovabile ed Elettricità Futura ne stima 47. E serviranno 80 miliardi di investimenti di cui 50 miliardi aggiuntivi a fronte dei 46 circa stimati dal Piano nazionale.

In questo contesto si pone anche Settala Gas, che dal 1996 opera nel settore della produzione e trattamento di gas idrocarburi e gestisce un impianto di produzione specializzato nel rispondere alle diverse esigenze delle aziende. Contattaci per maggiori informazioni!